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sabato, Novembre 23, 2024
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PANIZ: IL CORONAVIRUS POTREBBE ESSERE UN COLPO MORTALE PER LA GIUSTIZIA ITALIANA

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Lo abbiamo ammirato in televisione da Massimo Giletti mentre metteva in riga e dava, sempre con grande stile e voce pacata, lezioni di diritto a ministri, sottosegretari e “professionisti della demagogia”. Ha condotto la battaglia per i vitalizi ai parlamentari come quei grandi generali che studiano, minuziosamente, campo di battaglia e nemico e che, poi, quando iniziano le ostilità, si godono la vittoria con la tattica che aveva programmato. Intervistiamo il notissimo Avvocato Maurizio Paniz, veneto doc, per analizzare gli effetti del coronavirus sul mondo della giustizia e dell’economia.

Avvocato Paniz, il 31 gennaio 2020 il Consiglio dei ministri dichiaro’, tramite un decreto pubblicato il 1 febbraio in Gazzetta Ufficiale, lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso alla insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili. Se davvero il governo sapeva, da allora, della reale gravità della situazione, e non ha agito tempestivamente e drasticamente per ridurre il pericolo, quale reato si potrebbe configurare nei suoi confronti o dei tavoli tecnici di riferimento: epidemia colposa?

La responsabilità è politica e sociale, non tanto giuridica. Sono troppo agevoli le giustificazioni: dal non aver previsto la gravità degli sviluppi perché in assenza di precedenti specifici alla mancanza di informazioni mediche adeguate anche da parte di specialisti. Difetta perciò l’elemento soggettivo di ogni possibile reato. Molto gravi, invece, sono le responsabilità di carattere sociale e politico perché la mancanza di decisioni tempestive ed adeguate, quali la immediata chiusura di determinate aree o il divieto di determinati eventi (la partita Atalanta / Valencia a porte aperte!), e l’omesso immediato approvvigionamento di alcuni beni (posti letto in terapia intensiva, ossigeno, mascherine ecc.) hanno esposto la nazione a conseguenze che ritengo potessero essere altrimenti molto meno significative.

Veneto e Lombardia sono le Regioni più colpite dal coronavirus: come giudica il lavoro svolto dai Governatori Zaia e Fontana ed il lungo braccio di ferro con il governo centrale a cui imputano una mancanza di fermezza e soprattutto di risorse adeguate ad un’emergenza così rapida e violenta?

Le Regioni si sono mosse bene e con tempestività, ma c’è un problema grave che l’Italia dovrà risolvere, cioè quello della confluenza di norme regionali e nazionali nella stessa materia con conseguente emissione di provvedimenti conflittuali e disorientamento dei cittadini che non sapevano quale seguire (Si esce o non di casa? Fino a che distanza? Con i bambini o senza?) E così via. Ciò ha alimentato un facile trasferimento delle responsabilità da un ente all’altro. E’ un problema costituzionale da risolvere rivedendo l’architettura degli enti e delle rispettive competenze.

Quanto influirà sull’economia italiana il duro colpo che ha subito il suo Veneto: come si rimetterà in moto il motore produttivo d’Italia?

Sarà un vero e proprio dramma. Per il mio Veneto e per tutta l’Italia. E non si risolve solo dando soldi, peraltro a debito (che prima o poi dovrà essere pagato). Occorre far recuperare al cittadino quel senso del dovere e dell’impegno, del quale sono straordinari esempi medici ed infermieri, ad esempio, che si traduce in voglia di lavoro e in disponibilità al sacrificio. La generazione che ha fatto grande l’Italia nel dopo guerra lo ha insegnato da tempo!

Capitolo Giustizia: questo mese di inattività rischia di rallentare una macchina già troppo pesante perché gravata ed ingolfata di tonnellate di carta ed inchiostro, quale è il rischio più grande?

Un colpo mortale per la Giustizia! Se si pensa che si risolve il problema delle carceri affollate … liberando 6.000 detenuti, si capisce subito dove siamo arrivati. Però forse c’è una speranza: le disposizioni assunte in tempo di emergenza fanno capire che si può amministrare la giustizia anche senza tante carte, ma utilizzando sistemi informatici adeguati. Si impone uno sforzo significativo di tutte le strutture, ma potrebbe essere una splendida, seppure non ricercata, occasione di modernizzazione.

Moltissime polemiche per lo smart working e lavoro a ranghi ridotti applicato anche ai Parlamentari: è un segno dei tempi di stampo grillino, una necessaria misura per la salute o, in tempo di emergenza nazionale, l’uomo forte al comando deve governare a suon di decreti?

Molte strutture operative già lavoravano in smart working o erano pronte a farlo (il mio studio legale, ad esempio), ma il Parlamento non si è mai aggiornato, le sue procedure sono rimaste arcaiche e soprattutto si è molto persa di vista la distinzione tra funzione legislativa ed esecutiva: quest’ultima ha assorbito quasi integralmente quella legislativa. Ne deriva il potere di chi è al comando, ma, se non è un uomo davvero “forte” in tutti i sensi, i decreti finiscono per creare drammi: si pensi a quello annunciato nella tarda serata e firmato nel pomeriggio del giorno dopo, che ha spinto migliaia di persone lombarde a correre verso i treni diretti al sud: un disastro!

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