La mia storia di uomo e di imprenditore si intreccia con una tradizione che certamente non ha aiutato ne me quantomeno la mia famiglia.
Sono figlio di profughi, di solito non amo parlarne e forse molti dei miei amici e conoscenti non hanno mai realizzato realmente di cosa parlo.
In Libia nel 1970 vivevano 20mila italiani, perfettamente integrati con la popolazione locale. Molti di loro erano emigrati a Tripoli e avevano costruito il loro futuro investendo in attività imprenditoriali, proprio come fecero i miei nonni, con discreto successo.
Ma Gheddafi, appena salito al potere, la pensava diversamente e confiscò loro ogni avere, considerandoli un residuato dell’imperialismo fascista.
Tornati in Italia con una valigia e poco altro, senza soldi né lavoro, molti rimpatriati come i miei genitori, migliaia, finirono nei campi profughi.
I più fortunati avevano una casa in Italia e riuscirono ad avere quantomeno una fissa dimora da condividere con i diversi componenti dei nuclei familiari allargati.
Lì rimasero per mesi o, addirittura, anni in casette fatiscenti o freddi casermoni, in locali senza riscaldamento, con i bagni in comune, cibo pessimo e senza alcuna privacy.
Sperimentarono sulla loro pelle la discriminazione verso il diverso, pur essendo italiani, e le privazioni da profugo in patria.
Storie sorprendentemente simili a quelle dei migranti di oggi, coi quali condividono privazioni emotive e condizioni di vita disagiate.
Nel 1972 è nata AIRL, l’ente del terzo settore che riunisce i 20 mila italiani che subirono la confisca e furono espulsi dalla Libia.
A seguito dell’incontro del Dicembre scorso con Francesca Prina Ricotti che ha deciso con coraggio di guidare e rappresentare il network, anche per dare seguito ai risultati raggiunti in tutti questi anni dalla precedente Governance, ho sentito il dovere di scendere in campo e cosi sono stato eletto nel consiglio nazionale di AIRL.
Con Francesca, di cui ammiro le capacità e la determinazione, abbiamo già organizzato una squadra ed un progetto che porterà il nostro ente a proseguire l’ottimo lavoro svolto nel passato con una vision innovativa e all’avanguardia, anche aperta a nuove possibilità e ad ulteriori obiettivi da raggiungere insieme alla nostra rete.
Vi invito a leggere il libro che tratta delle nostre vicende, nascoste sotto un velo di normalità e silenzio per cinquant’anni.
Il volume è arricchito da un’analisi dell’azione di Aldo Moro nei rapporti italo-libici, scritta da Mario Savina. E da una presentazione dello scrittore Roberto Costantini, “tripolino” con la Libia nel cuore e nella penna.
Profughi. Dai campi agricoli della Libia ai campi di accoglienza in Italia – AIRL